Come dicevamo nel precedente articolo, l’ansia è un’emozione che ci appartiene ed è una nostra alleata, sia nello sport che nella vita di tutti i giorni.
Alla luce di ciò, non dobbiamo combattere l’ansia per superarla, ma imparare a comprenderla e gestirla.
A livello corporeo quali sono i segnali che ci fanno capire che stiamo vivendo una crisi d’ansia?
Attualmente, le principali alterazioni fisiologiche più documentate sono:
- respirazione superficiale e periferica molto veloce;
- aumento della frequenza cardiaca;
- possibili aritmie;
- aumento della tensione muscolare;
- aumento della sudorazione, anche in assenza di movimento fisico o temperature troppo elevate;
- sensazione di pesantezza alla bocca dello stomaco;
- vomito e diarrea;
- irrequietezza;
Questi sono solo alcuni dei possibili sintomi che un atleta può manifestare.
Indipendentemente dalla reazione corporea mostrata, l’impatto sulla performance dello sportivo è deleterio, in quanto si verifica un esaurimento delle sue energie fisiche e mentali.
Negli adulti spesso questi sintomi sono accompagnati da una serie di vissuti spiacevoli, di pensieri, di fantasie la cui percezione aumenta ancor più il disagio e l’apprensione. Inoltre è presente la sensazione di impotenza nell’affrontare ciò che sta accadendo.
Nei bambini invece i vissuti soggettivi di spiacevolezza o di angoscia non sono presenti: è difficile per loro esprimere a parole il turbine emotivo che stanno vivendo. E’ importante, dunque, saper osservare le manifestazioni corporee dei più piccoli e i comportamenti agiti, in modo da imparare a riconoscere il loro disagio.
Inoltre, la sindrome ansiosa è personale: non tutti gli atleti presentano gli stessi sintomi; alcuni manifestano la loro ansia principalmente a livello corporeo, altri invece a livello comportamentale e soggettivo (variabilità interindividuale). In più, lo stesso atleta può manifestare il proprio stato ansioso in modo diverso, ad esempio in competizioni differenti (variabilità intraindividuale).
Queste informazioni sono utili ai fini dell’intervento: non esiste una strategia che funzioni sempre, per qualsiasi persona, e in qualsiasi situazione. E sempre a proposito dell’intervento, non dobbiamo assolutamente dimenticarci, come sottolineavo all’inizio, che l’ansia non è una malattia e dunque non va curata, soprattutto ricorrendo ai farmaci. Le malattie vanno curate, le emozioni e gli stati emozionali vanno compresi, gestiti e risolti. Soprattutto quando il livello di ansia aumenta, al punto di essere esagerato rispetto alla prestazione, e questa condizione si cronicizza estendendosi a tutte le competizioni disputate e spesso anche alle sedute di allenamento, risulta fondamentale rivolgersi ad un professionista, ad uno psicologo. Quest’ultimo dovrà essere preparato sia rispetto alla gestione delle emozioni ma dovrà anche avere una buona conoscenza dello sport. Non solo, quando protagonisti sono i più giovani, bambini e adolescenti, è utile coinvolgere e lavorare con i genitori e con gli allenatori, l’unione fa la forza!
Quando l’ansia da prestazione viene risolta, i risultati positivi non si osservano solo a livello della performance sportiva ma a livello più generale si inizia “naturalmente” a vivere meglio.
L’ansia come molte emozioni dolorose è un invito all’azione, a cambiare un comportamento disfunzionale, o a cambiare un’interpretazione non corretta. Quindi non bisogna negare questa emozione ma bisogna agire e quando necessario farsi aiutare da un esperto.
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