La maggior parte delle volte che concludo una riunione con i tecnici di una certa società sportiva o esco da un colloquio di consulenza con i genitori di giovani atleti, resto colpita dal fatto che le loro preoccupazioni riguardano principalmente le emozioni vissute dai ragazzi.
Come dargli torto, visto che le emozioni fanno parte di tutti gli eventi della nostra vita, inclusi lo sport e l’esercizio fisico.
Nello specifico c’è chi vorrebbe aiutare le proprie atlete a non avere paura delle avversarie; chi vorrebbe guarire il proprio figlio dall’ansia pre-gara; chi desidererebbe incrementare la motivazione dei più giovani, soprattutto degli adolescenti e c’è chi gradirebbe una ricetta magica per gestire la delusione e la rabbia conseguenti ad una partita andata male.
Insomma, le richieste sono tante, diverse tra loro, ma forse unite da una difficoltà comune: ovvero la percezione che le emozioni spesso sfuggano al nostro controllo. E se parliamo di bambini e ragazzi, questo vissuto si fa ancora più forte visto che noi adulti abbiamo la responsabilità del loro benessere psicologico. Ecco allora perché, tra le tante richieste, troviamo quella di chi vorrebbe addirittura far scomparire certi sentimenti dall’esperienza emotiva dei più giovani-
Ma cosa sono le emozioni? E perché sembrano condizionare così tanto alcuni aspetti delle vite dei ragazzi, degli sportivi e in generale di tutti noi?
L’etimologia della parola emozione deriva dal latino emovère che si traduce “mettere in moto”, “portare fuori”. Infatti le emozioni altro non sono che una risposta ad un determinato stimolo, interno o esterno, che comporta l’attivazione di tutto l’organismo. Ad esempio, quando siamo presi da un’emozione come la paura, il battito del cuore accelera, la sudorazione aumenta, muscoli possono contrarsi di colpo (o al contrario rilassarsi), etc
Tutte queste reazioni psicofisiologiche, conseguenti a qualcosa che accade intorno a noi non possono essere assolutamente cancellate con un colpo di bacchetta magica.
La repressione delle emozioni può generare alla lunga uno stato di malessere mentale, e nei peggiori dei casi allo sviluppo di una vera e propria patologia; per questo motivo, l’inibizione delle emozioni non può certo essere l’obiettivo di chi lavora per il benessere e la crescita delle persone, soprattutto di chi si occupa di bambini e ragazzi.
Quindi, partendo dal presupposto che è assolutamente impossibile bloccare o eliminare le emozioni, come possiamo aiutare gli atleti a gestire i propri vissuti emotivi? In primo luogo è fondamentale aiutare gli sportivi a riconoscere le emozioni vissute, a dare loro un nome; ciò, vale anche per le emozioni negative. È inoltre importante invitare gli atleti a riflettere sul significato che le emozioni assumono nelle diverse situazioni specifiche: per esempio l’ansia spesso indica che il corpo si sta preparando nei confronti di una minaccia mentre la rabbia può rappresentare una reazione ad un vissuto di frustrazione o di delusione. Questo lavoro di “alfabetizzazione emotiva” aiuta i più piccoli a comprendere cosa siano le emozioni, a cosa servono e come si esprimono; in pratica, imparano a capire sé stessi e gli altri a livello emotivo.
L’alfabetizzazione emotiva è soprattutto una sfida e come tale una opportunità. Un ponte che facilita la conoscenza di sé e, in ultima analisi, le relazioni con gli altri. Una dimensione che vale senz’altro la pena di approfondire. Provare per credere!
Per informazione e approfondimenti: Dott.ssa Ceccarelli 3382227321
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