CAMMINATE & TREKKING CON BAMBINI E BAMBINE, MISSIONE POSSIBILE!!!

C’è chi approfitta delle ferie per andare al mare e chi invece ne approfitta per andare in montagna.

In questo articolo condividerò alcuni piccoli segreti per rendere questa esperienza un’avventura piacevole per tutta la famiglia.

  1. I GENITORI RAPPRESENTANO UNA GUIDA, UN MODELLO DA SEGUIRE ANCHE NEL TEMPO LIBERO.

Se i genitori sono insicuri i bambini sono insicuri, se i genitori sono positivi e propositivi i bambini fanno altrettanto.

Abbiate coraggio e fiducia nei vostri piccoli e non allarmatevi se la prima volta vostro figlio fa i capricci e non vuole camminare o se non cammina in città, non è detto che non cammini su un sentiero. Perciò non abbiate esitazioni e presentate subito l’esperienza come una grande avventura.

 

  1. RENDERE IL TREKKING UN’ESPERIENZA DIVERTENTE.

Come? Ad esempio organizzando la camminata come un gioco: si può preparare la passeggiata per tappe, chiedendo ai bambini di raggiungere una serie di punti che avremo individuato insieme sulla mappa o sul cellulare (un incrocio tra sentieri,un fiume, …..); oppure proporre ai bambini una specie di caccia al tesoro nei boschi.

Con i più piccoli, sempre nell’intento di non farli annoiare, può essere divertente raccontare loro una storia (magari ambientata nel bosco!) o andare a caccia di animali: insetti, uccelli, orsi, volpi….

Via libera alla creatività!

L’importante è ricordarsi che tanto più i bambin e le bambine hanno obiettivi concreti e facili da raggiungere, quanto più sono motivati a camminare.

 

  1. INSERIRE L’ ABITUDINE A CAMMINARE COME UNO STILE DI VITA PER TUTTA LA FAMIGLIA

Portate i bambini a camminare fin da quando sono piccolissimi. All’inizio nel marsupio, poi nello zaino e poi ancora con i loro piedini, prima per pochi metri con la mano di mamma e babbo e poi finalmente da soli. Ricordatevi che il passo da mantenere durante la passeggiata è il loro, non il vostro. È fondamentale che i più grandi di casa cerchino di adottare fin dalla partenza un ritmo tranquillo e il più costante possibile, magari contemplando anche delle pause.

 

  1. INCORAGGIARE BAMBINI E BAMBINE PRIMA, DURANTE E DOPO IL PERCORSO.

Prima, durante e dopo il trekking non dimenticatevi di lodarli. E’ importante scegliere lodi che descrivano ciò che il bambino fa e che valorizzino l’impegno e lo sforzo più che le caratteristiche personali. Facciamo qualche esempio: “Ti sei impegnato molto oggi e ce l’hai fatta! Puoi essere orgoglioso di te!”. “Oggi hai fatto un’avventura da grandi: il tuo sforzo e il tuo impegno ti hanno permesso di arrivare in fondo. Io sono soddisfatta di te”. Questo genere di affermazioni sono molti utili per i bambini perché promuovono l’associazione tra impegno e risultati: di conseguenza, il piccolo imparerà che se una volta non è riuscito a raggiungere il suo obiettivo, la volta successiva, impegnandosi di più, potrà farcela. Imparerà inoltre ad avere il controllo di ciò che lo circonda.

 

Buone passeggiate a tutti!!!!

COME STIMOLARE I BAMBINI E LE BAMBINE A MUOVERSI? IL BUON ESEMPIO DEI GENITORI È FONDAMENTALE

Il processo imitativo, tipico dell’età evolutiva, porta i bambini ad osservare ciò che fanno i genitori e a riprodurlo. Il famoso psicologo canadese Alfred Bandura intorno agli anni ’60 ha adoperato il termine modellamento (modeling) per identificare un processo di apprendimento (teoria dell’apprendimento sociale) che si attiva quando il comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo che ha la funzione di modello.

Tale processo si verifica ogni giorno e assume particolare importanza nell’infanzia. Grazie a questa teoria possiamo capire perché i bambini fanno ciò che vedono e non ciò che viene detto loro di fare.

E allora, come si possono motivare i bambini e le bambine alla pratica sportiva e al movimento? Il ruolo dei genitori è fondamentale: i bambini apprendono dalle azioni che osservano.

Ricordatevi anche che non è necessario essere dei grandi atleti, né praticare sport per periodi di tempo estremamente lunghi o sottoporsi a chissà quale sforzo per “modellare” il comportamento dei più piccoli; per garantire e promuovere il movimento nella vita quotidiana dei nostri bambini, è fondamentale insegnare loro delle buone pratiche giornaliere.

Di seguito alcuni consigli pratici:

  • Abituate i vostri figli a muoversi fin da piccoli: diventerà per loro uno stile di vita quotidiano e una sana abitudine da riprodurre per crescere bene.
  • Mostratevi attivi, energici e utilizzate il vostro tempo libero per praticare giochi di movimento o sport insieme a loro.
  • Fate conoscere loro diversi modi di muoversi, stimolando la loro curiosità e aiutandoli a sfruttare al meglio le tante energie che possiedono in questa fase della vita.
  • Permettete ai bambini di fare l’attività motoria che più preferiscono: una cosa fatta con piacere aumenta la motivazione, il divertimento e la costanza con cui viene praticata.

Tutta la famiglia trarrà beneficio dall’esercizio fisico e dal tempo trascorso insieme!

Che aspettate? Progettate per questo weekend (si spera di sole) una girata in bicicletta o una passeggiata all’aria aperta.

Buon divertimento!

Come si può migliorare la fiducia nelle proprie capacità?

 

L’autoefficacia è un concetto psicologico elaborato da Albert Bandura (1997), psicologo canadese, teorico dell’apprendimento sociale.

Secondo questo autore, l’autoefficacia fa riferimento a quell’insieme di convinzioni che guidano il nostro comportamento e grazie alle quali ci sentiamo in grado di affrontare situazioni e problemi specifici, prevedendo una sequenza di azioni che portano al conseguimento di determinati risultati.

L’ autoefficacia è un concetto che spesso viene associato a quello di autostima: in realtà non sono sinonimi.  L’autostima è un giudizio di valore su come si è, ed è indipendente dal proprio comportamento. Per riassumere potremmo definirla il “saper essere”. Invece, l’autoefficacia è la consapevolezza che abbiamo delle nostre competenze in uno o più settori, in sintesi il saper fare. Facciamo un esempio per maggiore chiarezza: quando la percezione di autoefficacia è bassa, pertanto sento di essere inefficace, non per questo la mia autostima crolla.

In ambito sportivo, la percezione di autoefficacia ha un ruolo determinate sulla prestazione, sia in fase di allenamento che di gara.

Come si lavora per migliorare la fiducia nelle proprie capacità?

In primo luogo è importante sottolineare che, le credenze di efficacia, tanto preziose per il successo e il benessere dell’atleta, non corrispondono a convinzioni stabili e immutabili, ma possono cambiare ed essere allenate con opportune metodologie e tecniche di potenziamento.

Inoltre, la fiducia in se stessi, per tutti gli atleti (anche di alto livello) ha sempre dei momenti più alti e dei momenti più bassi ma non è mai o tutto o niente. E ‘uno stato d’animo che oscilla, quindi non vi abbattete se la vostra autoefficacia, in un certo momento, è bassa. Basta concentrarsi sul proprio miglioramento, e la vostra fiducia farà altrettanto.

Di seguito alcuni consigli:

  • CONCENTRATEVI SU VOI STESSI

Invece di pensare a ciò che stanno facendo i vostri avversari o i vostri compagni di squadra, concentratevi esclusivamente sulla vostra prestazione e su come migliorarla. Quando ci si concentra su di noi, su come possiamo migliorare il nostro rendimento in campo, si diventa più fiduciosi perché ci si focalizza su qualcosa di cui si ha il controllo.

 

  • CONCENTRATEVI SULLA PRESTAZIONE, NON SUI RISULTATI

In linea con quanto scritto sopra, concentrarsi sulla prestazione aumenta il nostro senso di controllo della stessa, diversamente da quanto accade se ci focalizziamo sui risultati. Facciamo un esempio: se io faccio la mia miglior prestazione in assoluto ma se l’avversario è più forte, il risultato sarà negativo. Se siete concentrati sulla prestazione, rimarrete magari delusi dopo una sconfitta, ma la vostra autoefficacia rimarrà alta, perché saprete di aver dato il vostro meglio.

  • FOCALIZZATEVI SUL QUI ED ORA

Quando si ha un successo in partita ma anche nel quotidiano, in allenamento, la vostra autoefficacia aumenta. Se la vostra fiducia in voi stessi aumenta di una piccola quantità ogni giorno, provate a pensare a come sarà il vostro livello fra un mese!

 

  • NON FOCALIZZATEVI SOLO SUGLI ERRORI
    Imparare dagli errori è importante, ma rimuginare su di essi non è produttivo in termini di autoefficacia. Concentratevi sulla prestazione e su come poter dare il vostro meglio, senza focalizzarvi eccessivamente sugli errori: questo, aumenterà la fiducia in voi stessi.

 

  • PENSATE POSITIVO

Puntate sulle vostre risorse: in modo da non evitare i problemi ma da fronteggiarli in maniera costruttiva, guardando al futuro con fiducia e produttività.
Buon lavoro!

Dimagrire è anche una questione di testa

Le feste sono da poco finite e come da programma, molte persone si adoperano per il raggiungimento dei buoni propositi per l’anno nuovo: primo tra tutti, quello di perdere peso.

Cosa succede a livello mentale quando si decide di intraprendere una dieta? Quali sono le possibili insidie?

Intanto partiamo da questo dato di fatto: volente o nolente, il rapporto con il cibo si modifica; alcuni cibi, come cioccolata, patatine, dolci e pizza, non si configurano più come alimenti, ma diventano dei potenziali nemici da allontanare che innescano una condizione di allerta permanente. Inizia così una battaglia finalizzata a difendersi dal desiderio di alcuni cibi. Pensieri come “Non devo mangiare dolci” oppure “Non posso mangiare cioccolata” potrebbero essere molto pericolosi in quanto parlare in negativo al cervello è controproducente poiché direziona l’attenzione proprio su ciò che si vuole evitare.

Stare a dieta, non deve diventare una lotta contro se stessi né tantomeno, una lotta contro la propria forza di volontà: il dimagrimento non può e non deve diventare l’unico obiettivo della propria vita.

Affinché una dieta sia davvero efficace, occorre anche lavorare sulla consapevolezza del proprio mondo interno, sulla consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza, dei propri bisogni ma anche dei pensieri e delle emozioni che sottendono il nostro comportamento alimentare.

Troppe volte il cibo finisce per trasformarsi in una sorta di anestetico con cui si cerca di eliminare la sofferenza o l’insoddisfazione, una scorciatoia con cui si tenta di riempire il senso di vuoto.

Dimagrire non è solo una questione di quanti chili si perdono, quante calorie dobbiamo assumere giornalmente, ma si tratta piuttosto di una trasformazione che coinvolge interamente una persona perché ha a che fare sia col corpo che con la mente che sono in continua connessione. E forse più che parlare di dieta, sarebbe utile parlare di “stile di vita” che non va quindi seguito per un breve periodo ma il più a lungo possibile: una scelta di benessere che ha un inizio e non una fine perché il significato è prendersi cura di se stessi e questo dovrebbe durare tutta la vita.

Ecco che il lavoro dello psicologo diventa fondamentale: un valido aiuto per preparare o accompagnare la persona durante questo percorso, individuando e gestendo i possibili ostacoli e  per ottenere e mantenere risultati ottimali nel tempo.

 

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