INFORTUNIO: LA RIABILITAZIONE E’ ANCHE PSICOLOGICA

Chi pratica sport, sia a livello agonistico che a livello amatoriale, prima o poi può imbattersi in un infortunio. Quest’ultimo rappresenta un evento destabilizzante le cui conseguenze si manifestano non solo a livello fisico ma anche e soprattutto a livello dell’equilibrio emotivo e psicologico. Vediamo cosa succede nello specifico.

Solitamente l’infortunio si presenta nella vita degli atleti senza preavviso: lo sportivo non può fare altro che arrendersi al suo decorso. Razionalmente la situazione è questa anche se praticamente per un atleta questa ”resa” non è affatto facile, anzi!

Il fattore tempo per molti può diventare un’ ossessione. Infatti, la prima domanda che uno sportivo si pone al momento del trauma è la seguente: “Quando potrò riprendere?”. Interrogativo che molto spesso diventa anche quello della società e dei genitori, quando l’ infortunato è un giovane. L’atleta tenta così di gestire il danno subito focalizzandosi su immediate fantasie di ripresa; ma quando arriva la consapevolezza che il tempo di recupero è connesso al trauma subito e darne un’indicazione precisa non è possibile, l’incertezza diventa protagonista. Il non sapere quando sarà possibile tornare ad allenarsi e partecipare alle gare, mette in discussione gli investimenti e gli sforzi fatti fino a quel momento, vanificando gli obiettivi della stagione sportiva. L’atleta vive così un forte smarrimento e spesso anche una grande solitudine, poiché è costretto ad allontanarsi dall’ ambiente sportivo, vissuto come una seconda famiglia.

Non solo. Quando il recupero procede positivamente e il rientro in campo è oramai vicino, il ricordo  dell’evento traumatico può ripresentarsi con forza, portando l’atleta a vivere con preoccupazione e insicurezza l’allenamento. Questa condizione risulta essere molto pericolosa, perché può condurre a nuovi infortuni e in casi più gravi, quando l’ansia diventa ingestibile, può spingere l’ atleta ad abbandonare l’attività sportiva.

Si comprende bene quanto i fattori psicologici abbiano un impatto significativo non soltanto sul benessere generale dell’atleta, ma anche sul decorso dell’infortunio. Quest’ultimo, se gestito con superficialità può essere un fattore di rischio per il ritorno alle gare dell’atleta.

L’ intervento dello psicologo dello sport risulta fondamentale quando si presenta un infortunio: la riabilitazione è anche psicologica.

L’atleta infortunato per tornare ad allenarsi con fiducia deve riconquistare la sua identità di sportivo.

Lo psicologo dello sport offre il supporto necessario per mantenere alto il livello di motivazione nei confronti del processo riabilitativo, che spesso è già di per sé faticoso e stressante, promuovendo un atteggiamento mentale positivo e individuando con l’atleta strategie e risorse per affrontare l’infortunio e garantire un  rientro all’attività  sportiva il più sicuro e veloce possibile. Inoltre, esistono delle tecniche mentali specifiche che rappresentano un ulteriore aiuto per lo sportivo.

L’importanza del lavoro psicologico è racchiusa in questo aforisma “Guarire è toccare con amore ciò che abbiamo precedentemente toccato con paura”. S. Levine

Allenarsi ai tempi del coronavirus: parola d’ordine motivazione

La psicologa dello sport è una valida alleata degli atleti anche in questo momento storico così delicato: gli strumenti che offre, possono supportare anche “a distanza” la preparazione mentale degli sportivi.

Intanto partiamo da questo presupposto: il valore e l’importanza dei rapporti umani, delle relazioni. Credo che non ci possa essere un apprendimento significativo senza delle relazioni significative. Chi di voi, nel suo percorso di vita, non ha subito l’influenza di un docente, di un allenatore o di un adulto?

Anche se, per molti atleti, lo sport è sospeso, non ci dimentichiamo dell’importanza di alimentare relazioni, soprattutto con i più giovani per i quali l’adulto rappresenta un modello di  riferimento. E’ attraverso questi rapporti che anche davanti ai blocchi imposti da dpcm e ordinanze varie, si può continuare ad alimentare la motivazione che spinge a fare sport e a resistere nei momenti critici. A volte manca questa consapevolezza negli allenatori, in generale negli adulti, perché questa emergenza sanitaria mette alla prova tutti, facendo vivere emozioni e sentimenti forti e intensi, che in casi estremi possono portare allo sconforto e alla rassegnazione. Il coronavirus sta prendendo e portandoci via tante cose, non facciamo portare via la passione più grande che abbiamo, quella di insegnare il nostro amore per lo sport. E quindi per riuscire a motivare i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze sarà importante innanzitutto motivare se stessi: come Plutarco scriveva: gli allievi “non sono vasi da riempire ma fuochi da accendere”. Questo il senso di ciò che dobbiamo imparare a fare.

Andando più nell’operativo, a proposito di relazioni e motivazione, in psicologia dello sport esiste una tecnica davvero preziosa: il goal setting ovvero la formulazione degli obiettivi.

Io uso moltissimo questo strumento con i miei atleti, soprattutto all’ inizio della stagione sportiva ma può essere una strategia efficace da usare anche adesso. Vi spiego brevemente come funziona per poi fare i dovuti approfondimenti.

Intanto, partiamo da questa domanda: Che cos’è un obiettivo? Possiamo definire un obiettivo “uno scopo, una meta, un  risultato che ci si propone di ottenere (www.garzantilinguistica.it)”. Solitamente ciò avviene attraverso il ricorso a strategie e individuando un intervallo temporale entro cui vorremmo che l’obiettivo si realizzi.  Il fattore tempo è importantissimo, ragione per cui occorre individuare e definire obiettivi a breve, medio e lungo termine.

In questo momento formulare obiettivi a medio e lungo termine è difficile perché di fatto in questa situazione di emergenza non sappiamo come ma soprattutto quando potremo ripartire. Ragione per cui, focalizzarsi su una pianificazione a breve termine è la strada migliore da perseguire, mantenendo comunque una attenzione al futuro e a ciò che è importante rimandare e magari rivedere. Infatti, agli atleti che hanno già lavorato sulla pianificazione su tutti e tre i livelli (breve, medio e lungo termine) suggerisco due cose: la prima è quella di mettere da parte il planning stagionale delle competizioni, che magari potrà tornare, anzi sicuramente sarà utile quando tutto ripartirà. E ovviamente quando sarà il momento questo documento dovrà essere rivisto, ridefinendo gli obiettivi prefissati.  

Ricordiamoci che una caratteristica fondamentale del goal setting è  la flessibilità: come di fatto è accaduto in queste settimane, con l’avvento della pandemia, raggiungere gli obiettivi stagionali prestabiliti diventa impossibile. E qui arriva il secondo suggerimento. Per non vanificare gli impegni di un’ intera stagione sportiva e non alimentare la percezione di impotenza e fallimento personale, è importante partire da questa domanda: “Quali sono gli obiettivi che posso raggiungere tenendo conto di questa situazione di blocco forzato?”

Gli obiettivi per gli atleti sono una vera e propria mappa: se le coordinate sono sbagliate e portano verso una meta irraggiungibile, non si arriva a destinazione. Ecco, una situazione di questo tipo non deve assolutamente verificarsi, per non alimentare negli sportivi, indipendentemente dal tipo di disciplina praticata, paure e preoccupazioni inutili, soprattutto ora che viviamo in questa condizione di disorientamento.

La domanda posta sopra “Quali sono gli obiettivi che posso raggiungere tenendo conto di questa situazione ?” è un valido interrogativo anche per chi si trova a cimentarsi per la prima volta con la pianificazione degli obiettivi. E’ importante partire da qui e darsi degli obiettivi giornalieri da rivedere alla fine di ogni settimana. Si tratta di un’importante strategia motivazionale che a sua volta genera soddisfazione e benessere.

Oltre al fattore tempo, affinché la tecnica del goal setting sia efficace è fondamentale che gli obiettivi:

  • vengano formulati in maniera chiara e precisa e che siano raggiungibili per l’atleta. Al contrario, obiettivi ambiziosi o mete troppo vaghe possono esporre l’atleta (e il suo staff) a insuccessi e frustrazioni.
  • Siano misurabili: ciò permette di analizzare nei dettagli il risultato ottenuto e di assegnargli un punteggio (ad esempio su una scala da zero a dieci) al fine di comprendere cosa ha funzionato e cosa, invece, sarà necessario andare a migliorare.
  • Siano espressi in positivo: le ricerche hanno evidenziato che, in alcuni casi, sia inefficace concentrarsi su obiettivi caratterizzati da frasi che contengono il “non” (es. non devo fare errori, non devo compiere movimento, non devo essere così rigido). Solitamente così facendo otteniamo l’esatto contrario di quello che vogliamo.

Ricordo infine che la tecnica del goal setting è molto più efficace se vede la partecipazione dell’allenatore.  La condivisione degli obiettivi tra atleta e istruttore è di fondamentale importanza, in questa condizione di allenamento a distanza lo è ancora di più, visto che si tratta di un strumento concreto, un valido supporto relazionale in questo momento di isolamento forzato.  

Buon lavoro e se necessitate di un approfondimento più individualizzato contattatemi info@eleonoraceccarellipsicologa.it

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Riferimenti Bibliografici:

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